Gli eletti nella Hall of Fame classe 2017

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Nella notte tra venerdi e sabato da Charlotte sono stati eletti nella Hall of Fame della NASCAR la classe del 2017 nominata qualche mese fa. Fra loro figurano Richard Childress,Rick Hendrick, Raymond Parks, Benny Parsons  e Mark Martin.

Due piloti e tre proprietari di team, tre dei quali presenti di persona: Mark Martin, Rick Hendrick e Richard Childress. Ognuno con una storia diversa, ognuno con qualcosa di particolare che hanno marcato un segno indelebile nella storia di questa categoria, attraverso numeri e successi.

Mark Martin: l’ex pilota NASCAR che ha gareggiato per oltre 30 anni, famoso per il suo lungo periodo con Jack Roush creandone un’ icona della massima serie. Per sua sfortuna non è mai riuscito a conquistare un titolo, ma capace di ottenere ben 5 secondi posti in campionato tanto da essere rinonimato “l’eterno secondo”. Oltre a ciò Martin ha conquistato 40 gare nella massima serie, 49 nella Xfinity Series e 7 successi nella Truck.Aggiunge 271 top-5s, 453 top-10s, 56 poles, vincitore della Coca Cola 600 nel 2002 oltre che a conquistare la Southern 500 di Darlington 2 volte.Martin ha dedicato questa sua elezione tra i grandi a sua moglie, Arlene sempre al suo fianco dal 1983. “Da quando ci siamo conosciuti mi hai reso una persona migliore.

Rick Hendrick: Il proprietario per eccellenza con un team che ha creato un impero nella NASCAR degli ultimi 20 anni. Hendrick in 3.696 partenze ha 245 vittorie e 210 top ten, ma quello che rende il suo team importante sono la caterva di titoli conquistati. 7 con Jimmie Johnson (2006-2010,2013 e 2016), 4 con Jeff Gordon (1995,1997,1998 e 2001) ed uno con Terry Labonte (1996). Lui e Gordon hanno conquistato quattro titoli consecutivi per il team a metà degli anni novanta: nel complesso 12 titoli in 22 anni, tutti con il team da lui fondato: Hendrick Motorsport fondato nel 1984.

Richard Childress: Prima di costruire un team storico in cui niente che poco di meno Dale Earnhardt conquisto sei titoli, dei sette in carriera a bordo della celeberrima monoposto numero 3 e 64 successi dei 76 ottenuti tra il 1984 e il 2000, Childress fu pilota tra il 1969 ed il 1981, ove ha racimolato anche discreti risultati: 6 top fives, 76 top ten in sole 286 partenze. “Sono onorato di far parte della HALL OF FAME con i miei eroi. Guardo questa parete e vedo il mio nome in questa lista. Incredibile. La classe del 2017  include grandi personaggi, è un vero onore farne parte”. A parte il successo stratosferico di Earnhardt Sr è diventato il primo proprietario a conquistare almeno un titolo in tutte le tre serie NASCAR e con 11 titoli totali siede al secondo posto dietro a Rick Hendrick.

Raymond Parks: Prima di Hendrick e Childress, ci fu Raymond Parks, pioniere nel 1947 ad essere uno dei migliori proprietari dell’ epoca vincendo titoli con auto prodotte da lui. Nel 1948 e nel 1949 vinse i titoli NASCAR con Red Byron, i primi anni  di questa categoria. Parks scomparso nel 2010 alla longeva età di 96 anni, venne indotto nella Racing Hall of Fame of Georgia con Bill Elliott e Tim Flock nel 2002. Ora ha l’onore di entrare nella Hall of Fame della NASCAR.

Benny Parsons: Pilota e commentare di colore fino al 2007 anno della sua scomparsa a 85 anni, Parsons fu già inserito nel 1998 tra i 50 migliori piloti di sempre, con il suo titolo NASCAR nel 1973 condite da 21 vittorie , 199 top 5s, 283 top10s, e 20 poles. A lui va anche la DAYTONA 500 del 1975 e la Coca Cola 600 di Charlotte nel 1980, tra i suoi più importanti successi della carriera. A suo nome, sua moglie Terri Parsons ha accettato l’anello che rappresenta il marito nella HALL OF FAME della NASCAR classe 2017: ” Oggi è la vera celebrazione della sua vita” ha detto Terri, ” Questo non è triste ma commovente”.

Cinque persone, cinque storie diverse che in modo o nell’ altro, hanno strameritato quest’ ingresso tra leggende di questa categoria non ora, ma per sempre.

 

Gli Ovali defunti: Ontario Motor Speedway

L’ Ontario Motor Speedway non ha nulla a che fare con il Canada o il lago Ontario a Nord-Est del continente Nordamericano, bensì con la costa Ovest degli Stati Uniti nei pressi della grande città di Los Angeles.

L’idea di costruire l’Indianapolis Motor Speedway dell’ Ovest era un grande sogno americano del quale ci vollero ben tre tentativi prima di renderlo realtà, dopo che svariate corporazioni provarono senza successo a portare a termine l’impresa.

Su un’ area di 800 acri pari a 323 ettari di terreno, l’ovale prese forma nel 1968 con un costo di 25,5 milioni di dollari vicino all’ Aeroporto Internazionale Ontario. Una zona della costa ovest che avrebbe rappresentato un conglomerato di impianti motorisitici che includeva il Riverside International Raceway, altro tracciato che prese vita nove anni prima nel 1957, distante qualche chilometro più a Sud Est di Ontario. Solo nel 1997 a distanza di 3 km di questo ovale venne costruito L’Auto Club di Fontana, ovale tutt’ora usato dalle massime serie NASCAR.

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Ci si impiegarono 22 mesi prima di completarlo nel 1970 creando un gigantesco ovale di 4 km pari a 2,5 miglia identico o quasi, al leggendario Indianapolis Motors Speedway, tanto da relegare  all’ Ontario Motor Speedway il soprannome di “The Big O”. Oltre alla conformazione ad ovale presentava un tracciato misto di pari a 5,14 km.

Le premesse dell’ Ontario Motor Speedway aprirono le porte alle grandi categorie motoristiche del periodo quali  Formula 1, NASCAR e USAC ( l’attuale Indycar) che lo resero una celebrità a Ovest della nazione.I proprietari dell’ ovale convinsero in qualche modo la Formula 1 a gareggiare nel 1971, unico anno in cui il vincitore fu Mario Andretti. La bassa presenza di spettatori portò la Formula 1 stessa a non rinnovarlo per l’anno dopo.

Da quel momento l’Ontario Motor Speedway si concentrò solo ed esclusivamente sulle categorie americane. Nella NASCAR il primo evento arrivò con il Miller High Life 500 nel 1971 e 1972, in cui un certo signore A.J. Foyt, con i Wood Brothers (team tutt’ora attivo in NASCAR) riuscì a vincere le due edizioni, seppur abbia più voce in capitolo nelle ruote scoperte americane anzichè nelle Stock Car della NASCAR.

La mancanza di un sponsor vero portò l’ovale a saltare l’evento NASCAR nel 1973, cosa che invece accadde con la Indycar dell’ epoca. A quel punto il Los Angeles Times diverrà per la NASCAR lo sponsor che legò la serie al tracciato dal 1974 al 1980. In queste edizioni che sancirono la storia di questo ovale, la data dell’ evento venne spostata da Marzo a Novembre, mese che chiudeva la stagione delle Stock Car americane.

In queste sette edizioni sull’ Ontario Motor Speedway, o “The Big O” se vogliamo citarlo con il suo soprannome, 500 miglia di gara per 200 giri da completare portarono i piloti ad una prova estenuante della durata minima di tre ore e mezza di gara. Era l’ultimo evento della stagione.

Nel 1974 fu Bobby Allison a bordo di una Ford Mercury di Roger Penske in una lotta serrata con Pearson e Yarborough, gli unici a pieni giri su una griglia di 40 piloti a conquistare la gara su questo ovale.  Nel 1975 Buddy Baker, per tutti “The Gentle Giant” per via della sua stazza conquistò la gara  staccando di 30 secondi David Person. Il 1976 fu l’anno della rivincita di David Person, capace di spazzare letteralmente la concorrenza con ben 121 giri in testa doppiando tutti i piloti presenti in pista. Il suo successo è il più netto nella storia della categoria ad Ontario.

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Nel 1977 la gara fu vinta da Neil Bonnett tallonato dal compagno di team e leggendario Richard Petty. Il secondo posto di Petty non bastò per negare a Cale Yarborough il secondo dei tre titoli consecutivi.Nel 1978 Bobby Allison riuscì ad eguagliare A.J.Foyt nella lista dei maggiori plurivincitori del tracciato rimanendo al fronte per ben 134 giri. Un risultato che ancora una volta graziò Yarborough campione NASCAR a spese di Allison.

L’edizione 1979 andò a Benny Parsons leader per 56 giri, coinvolto nella lotta per il titolo tra Darrell Waltrip e Richard Petty. Waltrip finito in testacoda chiuse ottavo, Petty fu quinto. Una gara in cui Richard Petty vinse il suo settimo ed ultimo  titolo in carriera per un misero margine di 11 punti. Dopo quell’ anno il testimone di leggenda passò a Dale Earnhardt Sr, il quale nel 1980 sull’ Ontario Motor Speedway vinse il primo titolo in carriera all’ età di 29 anni, dopo che Parsons conquistò la bandiera a scacchi per il secondo anno consecutivo.

Dopo il 1980, l’Ontario Motor Speedway capitolò lasciando per sempre la NASCAR. In quell’ anno l’ovale venne acquistato per  3 milioni di dollari  dalla compagnia Chevron e nel 1981 venne demolito per dare spazio a centri urbanistici ed un centro commerciale. L’ Indianapolis dell’ Ovest scomparve per sempre.

Di questo ovale rimarrà un’idea, un ricordo di coloro che ne hanno potuto metterci piede sognando di avere una seconda Indianapolis per sempre.

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I grandi piloti del passato: Benny Parsons

Benjamin Stewart Parsons, per tutti “Benny”, fu un pilota della NASCAR che non rientra in maniera completa tra i  leggendari personaggi di questo sport, bensì tra quelli carismatici di discreto successo.

Nato a Wilkes County in North Carolina nel 1941 prima di cimentarsi a tempo pieno alle corse, svolse svariati lavori come benzinaio e tassista quando un giorno per sua fortuna venne invitato ad una gara da alcuni clienti. Quella sera per pura coincidenza Benny gareggiò la prima gara della sua carriera causa l’assenza del pilota ufficiale nella The Western North Carolina 500. Era il 9 agosto 1964, Parsons aveva appena 23 anni.

In quella gara Benny gareggiò per il team di tutto rispetto l’ Holman Moody, capace nella sua storia di vincere 94 gare in sedici anni di professionismo in cui piloti di spicco come Fred Lorenzen, Bobby Allison e David Pearson ne calcarono i successi. Benny nell’ occasione  fu  compagno di squadra di un certo Cale Yarborough. Parsons chiuse 21° costretto al ritiro per surriscaldamento del motore appena superata metà gara al giro 258 , Yarborough fu 20° ritiratosi per problemi al radiatore appena nove giri più tardi di Benny.

Fu lì che Parsons capì di farne della NASCAR il futuro della sua carriera lavorativa.Solo cinque anni più tardi nel 1969 colse l’occasione di prendere parte a sole quattro gare con Russ Dawson, con cui fece valere tutta le sue doti di pilota solido e tenace: tre top ten in quattro gare. Parsons era pronto per fare il salto come pilota full time.

Dal 1970 gareggerà nella massima serie fino al 1988.  Già dalla stagione 1970 completa l’annata in 8° posizione con 23 top ten in 45 gare disputate ma sarà nel 1971 che Parsons sfaterà il tabù della vittoria al South Boston Speedway il 9 maggio 1971. Con il Dewitt Racing strappò 18 top ten in 35 gare disputate concludendo l’anno al 11° posto.

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Tralasciando il 1972 in cui migliorerà certe statistiche stagionali, è il 1973 ad essere l’anno glorioso e fortunato. Ottenne la sua unica vittoria stagionale a Bristol ma è la sua solidità nei risultati a prevalere sul dominio di David Pearson: 21 to ten e 15 top fives in 28 gare, contro gli undici successi di Pearson in sole 18 partenze ufficiali. In base a queste statistiche e all’ impossibile probabilità di Pearson di rientrare alle gare dopo l’incidente di Rockingham, Parsons conquista il titolo NASCAR di quell’ anno, l’unico della sua carriera.  Con i suoi titoli nella serie ARCA nel 1968 e nel 1969, Benny diventa l’unico pilota a compiere questa speciale impresa in due serie differenti.

Dopo il titolo per lui cominceranno gli anni d’oro, piene di risultati confortanti e solide prestazioni rendendolo uno dei piloti di calbro della serie. Dal 1974 al 1980 Parsons sarà capace di concludere le rispettive stagioni nel top 5 per sette anni consecutivi, i quali diventerebbero nove aggiungendo il titolo del 1973 ed il quinto posto nel 1972.  In quei sette anni sarà capace di conquistare 13 delle sue 21 vittorie in carriera registrando il massimo di giri in testa in stagione completandone ben 1400 nel 1977. Completerà cinque  stagioni  con oltre 20 top ten ad annata tra il 1976 e il 1980. Inoltre, ottiene il successo il 16 febbraio 1975 nella Daytona 500 davanti a Bobby Allison. Infine conquisterà la World 600, l’attuale Coca Cola 600 di Charlotte nel Maggio 1980 davanti ad uno scatenato Darrell Waltrip, vero leader di quell’ evento.

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Salvo il 1981 anno in cui vinse a Nashville, Texas e Richmond, questa decade sarà quella del declino per il pilota, il cui ultimo sussulto di valore in termini di successo, ma non statisitico arriverà ad Atlanta nel 1984 vincendo dopo ben 150 giri compiuti in testa.

Parsons si ritirerà dalle corse a fine 1988 dopo 21 successi , 283 top ten con almeno un giro in testa in 192 gare , per un complessivo di 526  partenze in 21 anni di attività. Lasciate le corse ha intrapreso una seconda carriera come commentatore tecnico diventando una voce di spicco tra la fine degli anni ’80 e ’90, oltre ad avere delle comparse in alcuni film riguardanti la NASCAR e le corse in generale.

Fumatore fino al 1978, Parsons fu colpito da un tumore ai polmoni nel novembre del 2006 seppur presentasse problemi di respiro sin già dall’estate di quell’anno. Andato poi in terapia intensiva, Parsons morì il 16 gennaio 2007 al Carolina Medical Center di Charlotte all’ età di  65 anni.

A maggio di quest’ anno è stato dichiarato che verrà eletto nella HALL OF FAME della NASCAR nel 2017 con Mark Martin, Raymond Parks, Rick Hendrick e Richard Childress tutte persone di rilievo nella storia di questa serie.